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Disturbo dell'attenzione
17 Aprile 2025 - 07:30
Sognare ad occhi aperti mentre si studia potrebbe non essere poi così negativo, stando a quanto afferma la scienza. Una recente ricerca internazionale propone che il "mind wandering", ovvero l'attività mentale che ci induce a distrarci e divagare con i pensieri, può avere effetti benefici sull'apprendimento, in particolare in situazioni poco impegnative o ripetitive. Questo fenomeno, tradizionalmente associato alla distrazione e a un calo del rendimento, è oggi riconsiderato grazie a una serie di studi effettuati da un gruppo di ricercatori in Francia, Norvegia, Ungheria e Germania. Essi hanno esplorato i potenziali aspetti positivi di questa apparente assenza.
I risultati sono sorprendenti: distrarsi, in alcuni casi, potrebbe supportare la memoria e favorire l'acquisizione inconscia delle conoscenze. “Proprio come il sonno è essenziale per il cervello, forse anche questi momenti di ‘riposo vigile’ sono fondamentali per consolidare ciò che apprendiamo”, spiega Peter Simor, uno degli autori principali della ricerca. Non si tratta semplicemente di perdere la concentrazione, ma di una vera deviazione del pensiero che ci induce a riflettere su eventi passati, futuri o completamente immaginari, persino mentre siamo impegnati in altre attività. In altre parole, la mente si allontana. Gli studiosi suggeriscono che trascorriamo fino alla metà del tempo da svegli in questo stato. Sebbene spesso confuso con il daydreaming, il mind wandering si manifesta durante lo svolgimento di un'attività, mentre il daydreaming si verifica nei momenti di inattività o rilassamento. La questione è: ne abbiamo realmente bisogno? Per rispondere a questo quesito, i ricercatori hanno condotto due studi: uno online e uno in laboratorio utilizzando l'elettroencefalogramma (EEG).
I partecipanti sono stati sottoposti a un test visuo-motorio in cui dovevano riconoscere delle sequenze ricorrenti nascoste tra immagini, e periodicamente veniva chiesto loro quanto si sentissero distratti. I risultati? Le menti "vagabonde" processavano l'apprendimento in maniera più efficace, riuscendo a percepire inconsapevolmente le probabilità nascoste nel compito. Tuttavia, come previsto, l’accuratezza delle risposte diminuiva: un’evidenza che, sebbene la mente estranea possa influire sulla performance immediata, potrebbe al contempo facilitare il processo di apprendimento e memorizzazione. Monitorando l'attività cerebrale, i ricercatori hanno scoperto che il mind wandering è associato a uno stato neurale a bassa frequenza, simile a quello osservato durante il sonno leggero. Una sorta di “mini standby” del cervello, che potrebbe essere utile proprio per consolidare informazioni e per apprendere passivamente.
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