Oggi, Roma sarà cuore pulsante del mondo. Non solo per la solennità del rito, né per il protocollo diplomatico che vedrà riuniti capi di Stato, religiosi, intellettuali e milioni di fedeli. Sarà un momento in cui la Storia, quella vera, si siederà accanto alla bara di un uomo che ha incarnato un'idea scomoda di potere: quella che non comanda, ma cura. Papa Francesco ha parlato con i gesti, con le rinunce, con gli abbracci agli ultimi. Ha smosso le fondamenta della Chiesa cattolica e ha invitato il mondo a guardare se stesso negli occhi. Oggi, al termine della sua parabola terrena, ciò che resta non è solo un’eredità spirituale, ma una sfida antropologica. Chi siamo diventati, mentre lui parlava? Le assenze che pesano più delle presenze In una piazza San Pietro gremita di autorità e popoli, sarà l’assenza a gridare più forte. Chi non ci sarà, tra i grandi della Terra, svelerà molto più delle dichiarazioni ufficiali. Perché Francesco ha rappresentato una voce senza padrini, una guida che non ha fatto sconti alla finanza, alla politica, alle guerre. E chi si è sentito toccato nel profondo—o disturbato—potrebbe scegliere il silenzio dell’assenza. Eppure, anche chi non sarà presente, sarà chiamato a rispondere. Perché la morte di un uomo come questo non è solo lutto: è specchio e invito. Che cosa conta davvero per chi governa il mondo? Il funerale di un Papa non è solo un rito. È un appuntamento con il senso. I leader mondiali, riuniti sotto il Baldacchino di Bernini, potranno guardare da vicino la fragilità che nessun potere può eludere: la morte. In quel momento, ciò che Francesco ha testimoniato—con scarpe consumate e parole limpide—diventa una domanda rivolta a ciascuno: cosa resterà di noi, quando taceremo? Il prossimo Papa: tra crepe e futuro Nel Conclave che si aprirà, la Chiesa dovrà decidere se consolidare o rilanciare la spinta profetica che Francesco ha innescato. Non si tratta solo di scegliere un nome, ma una visione: quella di una Chiesa in uscita, che sappia parlare al mondo senza compromessi, o quella di una dottrina che teme di smarrirsi nel dialogo. Le voci del Sud globale si fanno forti: l’Africa, l’Asia, l’America Latina. La globalità del cattolicesimo non può più permettersi di essere solo simbolica. Profezie e realtà: l’ultimo Papa? Secondo la profezia di Malachia, Francesco sarebbe il Petrus Romanus, l’ultimo prima del giudizio. Ma le profezie, più che predire, parlano alle paure e alle speranze. In un mondo che fatica a trovare equilibrio, la figura del Papa diventa segno di continuità e discontinuità insieme. Non è la fine del mondo, ma forse l’inizio di una nuova consapevolezza. E allora, questo funerale sarà ciò che sapremo renderne. Non una commemorazione, ma un atto di presenza. Non un congedo, ma un passaggio. In silenzio, ma con immensa forza simbolica.
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