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La confessione in diretta tv di un matricidio che scuote l’Emilia-Romagna

Ma ha fatto scena muta di fronte al magistrato durante l’interrogatorio di garanzia

La confessione in diretta tv di un matricidio che scuote l’Emilia-Romagna

LORENZO CARBONE

Sembra la trama di un film, ma purtroppo è tutto vero. Lorenzo Carbone, 57 anni, ha confessato l’uccisione della madre, Loretta Levrini, in diretta televisiva. Domenica pomeriggio, in un attimo di disperazione, ha strangolato l'anziana madre, malata di una patologia degenerativa, nella loro casa di Spezzano di Fiorano, provincia di Modena. Poi è scappato, vagando senza meta, in preda al rimorso. Ma il senso di colpa lo ha riportato indietro, sulla scena del delitto, dove lo hanno arrestato i carabinieri.

Ai microfoni di Canale 5, in lacrime, Carbone ha raccontato di essere fuggito fino a Pavullo, un paesino dell’Appennino, ma senza un vero piano. Nessuna destinazione, nessuna speranza. Solo una corsa inutile contro se stesso, consumata dalla stanchezza e dalla disperazione. Ha spiegato di aver strangolato la madre, forse sopraffatto dalla fatica di gestire la sua malattia, ma senza dare spiegazioni che vadano oltre quella sofferenza. L’altra figlia, sorella di Carbone, ha scoperto il corpo poche ore dopo la tragedia, mentre lui era già lontano.

Sembra quasi una storia che non ci appartiene, distante dalla nostra realtà. Ma è accaduto davvero. Questo non è un caso isolato. Pochi giorni prima, un’altra donna, anziana e malata, era stata uccisa dal figlio a Ravenna. Omicidi che qualcuno definisce pietistici, come se il dolore potesse giustificare la violenza. Ma a compierli sono sempre uomini, e le vittime sono sempre donne, spesso le più fragili, le più vulnerabili.

Non possiamo ignorare l’elefante nella stanza. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno sono state 65 le donne uccise in contesti familiari o relazionali. E tra queste, troppe erano anziane, bisognose di cure e assistenza, affidate a chi, anziché proteggerle, ha finito per distruggerle. "Non sono tragedie inevitabili", scrive il coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna. Non sono il risultato di una sorte crudele che non possiamo evitare.

È arrivato il momento di smettere di guardare a questi casi come se fossero inevitabili. Dietro ogni femminicidio, dietro ogni omicidio commesso tra le mura domestiche, c’è un contesto culturale che lo rende possibile, persino accettabile. E questo deve farci riflettere, prima che la prossima notizia di cronaca nera ci arrivi, con la sua scia di dolore e devastazione.

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